martedì 29 settembre 2015

E all'improvviso, semplicemente, amore ...

La volta che l’aveva fregata per sempre, ne era sicura, era stata il giorno della premiazione del concorso, lassù al Rifugio.
Non doveva faticare per ritrovare nella sua memoria l’immagine di quel ragazzo con gli occhi spiritati, che parevano stelle in fiamme mentre riceveva un complimento che gli avrebbe cambiato la vita.
“Hai talento - disse in modo secco e conciso il vecchio rigirandosi tra le mani la piccola scultura intagliata nel legno. Ma hai bisogno di smussare gli angoli e vedere dove ancora non riesci. Vieni al capanno domani, ti insegnerò. -
Il giovane si era alzato in piedi, con le guance color porpora di emozione. Ed i suoi occhi, commossi e grati al maestro, avevano illuminato la stanza di luce.
O almeno così le era parso quel giorno.
Come se per tutta la vita non avesse aspettato altro che lui.
Come se fosse stato lo spartiacque tra il prima e il dopo.
Come se prima di allora non avesse mai vissuto davvero.
Come se, all’improvviso, la parte più istintiva di lei, la più vera non fosse più riuscita più a contenere la sua voglia di tenerezza e vita, e scalpitasse impaziente di uscir fuori alla conquista del mondo.
Gli si era avvicinata in modo apparantemente casuale, e aveva contemplato le sue opere, esposte sul banco del suo piccolo stand : raffinate e sensuali miniature, scolpite e intagliate nel legno, raffiguranti scene di Natura.
“Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi...”, aveva mormorato quasi senza rendersene conto, conquistata dall’accuratezza dei particolari, dalle sfumate ombreggiature del legno, dalla sobria ma ricercata scelta delle prospettive usate per raffigurare angoli di mondo e scene di vita quotidiana.
E poi, all’improvviso, lui si era girato verso di lei, e l’aveva sorpresa a guardarlo. Allora era arrossita, come una vergine al suo primo incontro, e, tirando fuori la sua parte più baldanzosa, aveva finto di guardare le sue sculture e gli aveva fatto un sorriso talmente sbarazzino e pieno d’innocenza, che erano scoppiati a ridere insieme.
“Posso mostrarle qualcosa ? - l’aveva tirata fuori dal pasticcio lui - sfoderando il più ammaliante dei suoi sorrisi, lusingato da un interesse inaspettato.
“Devo fare un regalo- aveva risposto timida lei- per una mia amica che ama molto le miniature artigianali. Le colleziona da tutto il mondo. -
Poi, mentre lui, già eccitato di poter raccontare le sue passioni si chinava a prenderle il suo pezzo più importante, lei di nascosto gli aveva osservato le mani.
E in quel momento era stato come se un fulmine avesse attraversato una fitta foresta, facendosi largo tra alberi incolti.
Come se un sentiero inaspettato si fosse aperto dinanzi a lei, aprendo nuove porte e chiudendosi quelle alle sue spalle.
Come se una pioggia scrosciante l’avesse investita d’improvviso con tutta la sua potenza, violenta, ma rigenerante.
 
Quelle mani raccontavano una storia, lei lo percepiva, e quel che vide in esse la commosse e la rese infinitamente ricca : come un miracolo, l’empatia le regalava, ancora, scampoli d’umanità.
Unghie tagliate di fino, ma pellicine mangiate.
Dita robuste, coi calli alle estremità, a narrar di lunghe notti passate a creare, di lunghi giorni di tentativi all’inizio informi, in cui, man mano, personaggi inventati prendevan vita.
Raccontavano di luoghi magici, in cui ciò che conta davvero si palesa all’improvviso.
Narravano di una Natura indomita, contro ogni violenza e manipolazione, che con fierezza conservava la sua immensa perfezione.
Svelavano uno spirito libero, inquieto ma puro, che avrebbe preferito la morte a una vita senza passioni.
Capì che l’avrebbe amato perdutamente e per questo salvò se stessa e lui e sparì. E quando il giovane , con la sua miniatura più bella si girò per mostrargliela, non la trovò...era scomparsa.
“Che strano- pensò. Sorrise e pensò che era stato un incontro straordinario.
 
Da dietro una finestra del rifugio, una figura infagottata sbirciava tra i vetri, cercando di scorgere un sorriso che avrebbe illuminato un inverno.
“Non ho bisogno di rivederlo- pensò, stringendosi nelle spalle con dolcezza - ti porterò con me nel mio angolo più sperduto, a rendere sempre il mio cammino chiaro e terso come un’Aurora.-
 
Iniziava a piovere. Una pioggia calda, intensa e rigenerante, a volte violenta, ma portatrice di vita. Come l’amore.
 
 
A chi non rinuncia mai alle proprie passioni.
E con tenerezza le trasmette ad altri peregrini assetati di vita.
Valeria,
29/09/2015

venerdì 13 febbraio 2015

A naso in sù





"Il cielo .... non dimenticarti mai di guardare il cielo ! "
urlò l'uomo alla ragazza
che usciva frettolosa dalla stanza,
nascondendo furtiva le lacrime che uscivano copiose irrigandole le guance.
 
Una fitta pioggia avvolgeva la pineta,
e il mondo sembrava quasi ovattato,
come in un silenzio surreale.
Come se qualcuno avesse tolto d'improvviso l'audio,
e le figure si movessero mute,
su uno sfondo dipinto da un pittore.

Lampi accecanti infocavano l'orizzonte,
illuminando ora, quelle case lontane,
adesso, i filari degli alberi che, scossi dal vento,
sembravano quasi prender vita.
 
Nel buio della sua soffitta Julia volgeva gli occhi al cielo,
ma un dolore sordo le soffocava il cuore,
fino quasi a mozzarle il respiro,
mentre singhiozzi violenti le percuotevano il corpo,
fino a sfinirla.
Pianse fino a non aver più lacrime,
mentre fuori la tempesta infuriava implacabile,
abbattendosi sul piccolo borgo.
 
Aveva deciso di smettere di lottare,
quel vecchio testardo,
che così tanto le aveva insegnato della vita.
E si era lasciato andare poco a poco fino a spegnersi,
come un fuoco i cui tizzoni si sono consumati a forza di bruciare,
lui, così forte e pieno di vita,
piegato in due da una malattia che a nessuno perdona.
L'aveva chiamata a sé,
in quel pomeriggio gelido d'un inverno che pareva non volesse più finire.
E con lo sguardo carico di chi,
solo,
ha capito il senso vero di ciò per cui val la pena sognare,
e nei cui occhi in cui v'era concentrato tutto l'amore del mondo,
l'aveva salutata.
E per l'ultima volta le aveva regalato quiete perle di saggezza,
cibo per l'anima,
e ristoro per il cuore,
mai sazio di tepore.
 
"Papà! "
mormorò,
stringendosi addosso il piumone cucito col patchwork,
che lui le aveva fatto confezionare appositamente da una sarta locale.
 
Fuori la tempesta si era placata,
e il borgo riprendeva a vivere,
prima della quiete della sera.
Julia aprì la finestra della soffitta,
e rabbrividì per l'aria gelida che le sferzò il viso.
Aveva bisogno di sentirsi viva in quel momento,
aveva bisogno di sapere che,
anche quando lui non ci sarebbe stato più,
la sua vita sarebbe continuata lo stesso.

"Vorrei poter fotografare il mio respiro che col freddo assume forma e colore quando soffio,
- mormorò -
come se all'improvviso,
 nel rigore invernale, la vita si palesasse col suo calore ."


"Il cielo ! Non dimenticare di guardare verso il cielo !"
le ricordò un'immagine fragile e nel contempo immortale
che le apparve dinanzi,
visibile solo agli occhi del cuore.
 
E si sovvenne di quando, bambina,
lui l'aveva portata al Rifugio della Madonnina della ginestra,
6 ore a piedi,
ma lei, indomita,
pur col male ai piedi non s'era ribellata.
E l'incredibile vista di cui aveva goduto della valle.
E la fame !
E mentre sbocconcellava pane e salame,
che il padre le aveva portato,
era spuntato per magia un capriolo,
che s'era avvicinato,
avido di cibo,
mai troppo abbondante.
Era stato allora,
che l'uomo,
indicandole l'orizzonte,
le aveva lasciato la sua più grande eredità
:
la sua visione del mondo.
E Julia,
in quel momento,
aveva capito che la sua vita senza quel vecchio brontolone
non sarebbe stata più la stessa.
 
Chiuse gli occhi,
e tentò di acchiappare tutti i suoi ricordi,
uno ad uno,
come tessere di un mosaico,
per ricomporre la scena.
 
Quel giorno,
al rifugio della Madonnina l'aveva chiamata a sé,
e con fare solenne,
le aveva rivelato
:
Sai perché stamani siam venuti proprio qui ?
Julia aveva dondolato la testa,
a dir di no, che non lo sapeva.

Perché, cara bambina,
questo rifugio è intitolato alla Madonnina della ginestra.
E la ginestra è il fiore che cresce nei terreni più ostili e brulli che possano esistere.
E nonostante questo,
si eleva verso il cielo,
e sparge la sua bellezza e il suo colore sulla Terra,
e ciò facendo, si distingue dagli altri,
e fa la differenza.
Ricorda :
nella vita,
chi più,
chi meno,
siamo tutti ginestre,
impegnati come siamo a sopravvivere al quotidiano.

Sta a noi fare la differenza.
E per farlo,
l'unico modo è avere il coraggio di guardare in alto,
verso il possibile.
E non nasconderci dietro paure e mancanza di certezze.
Ci saranno sempre,

ostacoli e difficoltà.
Sta a noi trasformarli in gradini verso l'arcobaleno.


Non capisco-
aveva detto la bambina.
Capirai poi-

aveva concluso l'uomo.
E dopo averla stretta a sé,
le aveva messo tra le manine una piccola ginestra,
appena raccolta.

Julia si riscosse,
un brivido la percosse da capo a piedi,
e la ragazza si diresse verso la cucina.
Aprì delicatamente un libro,
e da una pagina ingiallita tirò fuori un fiore delicato e apparentemente fragile,
miracolosamente conservatosi negli anni.

Papà....
mormorò.
E un'ondata di dolore la travolse di nuovo,
fino a farla crollare,
rannicchiata su se stessa,
sul divano,
avvolta solo dal gatto,
che, come se percepisse lo scoramento della padrona,
continuava a farle le fusa,
strusciandosi contro le sue mani.

Dormì come non aveva mai fatto prima.
come ad annullarsi in un sonno pacificatore e senza sogni.
Poi si riscosse.
Non sapeva neppure che ora fosse,
né quanto avesse dormito.
Sapeva solo che ora era in grado di affrontare ciò che la aspettava.
Con la mano cercò a tentoni il cellulare,
per guardar l'ora
:
le quattro e quarantacinque del mattino.
Tra poco sarebbe sorto il sole.
Si preparò un the nero bollente,
sarebbe andata in ospedale appena possibile.
Fuori, la luce si faceva spazio nell'oscurità,
e timida colorava l'orizzonte.
In un angolo del cielo,
Orione,
con i suoi misteri e la sua spiritualità,
ricordava a Julia incontri d'anime,
a lungo sognati e mai immaginati.
Nubi multicolori avvolgevano la luna,
e la soffitta tutta era carica di una magia surreale.
Inciampò nel filo del pc,
che giusto a caso era stato lasciato in mezzo ai piedi.
Si era ustionata.
Corse nel bagno a cercare lo spray di medicazione,
e nella fretta urtò la mensola antistante il bagnetto.
Nascosto tra testi di arte e fotografia,
vi era un piccolo pacchetto,
che con l'urto cadde a terra.

Si chinò a raccoglierlo : vi era scritto sopra il suo nome.
Una copia del "Piccolo Principe" in francese.
"Buon compleanno, bambina.
Leggilo, rileggilo,

e poi dimmi cosa ne pensi.
Ti voglio bene,
papà."

"Cosa penso ?
 - mormorò Julia stringendo con forza il libricino tra le mani-

Penso che mi hai presa per mano in un momento in cui ero sola e senza nessuno e mi hai amata,
come solo un padre può fare,
senza nulla chiedere in cambio.

 Penso che mi hai mostrato modi diversi di guardare alla vita, rammentandomi sempre che è da se stessi che bisogna partire, per rendere il mondo un posto migliore.


 Penso che da te ho imparato a cercar me stessa in un paesaggio inaspettato, in una nota di sottofondo di una melodia, nello sguardo tenero di chi si è perduto e vuol tornare a vivere.


 Penso che mi hai fatto esplorare orizzonti sconfinati, mostrandomi nel contempo i pericoli derivanti dall'arroganza nel sentirsi padroni di essi.


 Penso che mi hai lasciata libera di sbagliare. E nel frattempo eri lì, vicina a me, tendendomi la mano per appoggiarmi a te e farmi guidare se avessi avuto bisogno di correggere la rotta.


 Penso che mi hai insegnato ad esser vera, a costo di pagarla, e che senza correttezza e lealtà, si è uomini solo a metà.


 Penso che da che mi hai stretta tra le braccia per la prima volta, in quel giorno di pioggia in cui sono rinata, hai smesso di vivere per te, e sono stata l'unica ragione della tua vita.


 Penso che mi hai insegnato che la felicità è fatta di piccoli passi, musica nel cuore e nenie mormorate.


 Che il cielo,

è il luogo di capitani coraggiosi e vascelli fantasma.
Di avventure magiche,

e di polvere di fata che scivola giù in una notte d'agosto, accendendo come scintille gli occhi di chi si ostina ancora a sognare.

 E penso, che anche se mi hai adottata, non avrei potuto sentirmi più amata
."

Infilò il cappotto per uscire,
ma appena sotto la porta,
una pioggia gelata le arrivò addosso.
Ma... cosa ?
mormorò.
E nel farlo alzò gli occhi verso il cielo,
a naso in sù.
E fu allora che la vide.
Una meravigliosa e brillante stella cadente.
Che con la sua coda trapuntata di luci,
come lacrime che sembravano diamanti,
percorreva tutto l'orizzonte che nel frattempo cangiava colore.
E mentre il cielo si colorava di rosso fuoco,
in un'alba infuocata senza eguali,
le ricordava la meraviglia della vita,
e senza saperlo,
le regalava la speranza di tornare a volare.

All'amore in ogni sua forma,
13/02/2015
Valeria

 

 

lunedì 19 gennaio 2015

Una soffitta sul cielo

*
 
Nel silenzio della sua soffitta,
Julia era in ascolto.
La notte estendeva il suo manto sulle case,
ricoprendole di un nero intenso che a tratti sfumava nel blu,
come un disegno a tempera sul quale fossero cadute,
per caso, gocce d'acqua a diluirne i colori.

 Lontano, all'orizzonte,
le luci del paese illuminavano le poche case
di chi si ostinava ancora ad abitare quel borgo sperduto tra le montagne in mezzo al cielo.
Sospirò :
avrebbe voluto almeno la pizza quella sera per consolarsi.
Ma la fitta nevicata aveva isolato parecchie strade,
e Rita,
l'inossidabile proprietaria dell'unico bar/tabacchi della zona,
aveva preferito anticipare la chiusura,
nel timore di non poter tornare a valle.
Così imparo a non tenere a casa un pacco di farina per farmela da me,
si disse tra sé e sé riattizzando il fuoco del camino.

 Uscì fuori l'uscio,
per prendere ancora qualche ciocco
:
di fronte a sé due maestosi pini si ergevano l'un di fronte all'altro,
inclinati quasi come per baciarsi.
E in mezzo a loro,
faceva capolino timida la luna.
Parte dell'orizzonte era carico di nubi,
foriere di prossimi temporali....
Ma lí, proprio a sinistra,
dietro ai pini,
c'era un angolo di cielo illuminato di stelle,
e quella luna che a tratti sembrava farle l'occhiolino,
e dirle :
"Non preoccuparti, l'inverno prima o poi finirà ;) "
 
Non,
che in realtà,
 lei fosse preoccupata dell'inverno.
Era abituata sin da piccola a cavarsela da sola,
e se c'era una cosa che aveva capito da subito,
era che,
se spesso non possiamo cambiare ciò che ci accade intorno,
se vogliamo continuare a vivere
non ci resta che cambiare il modo in cui reagiamo ad esse.
"Sempre rimanendo fedeli a se stessi",
si disse piccata ripensando alla discussione di quella sera con il signor Talis.
 
Rabbrividì,
c'era freddo fuori,
e lei come al solito s'era persa nei suoi pensieri,
per poi non sapere come ritrovarne la strada.
"Ma come si fa a non pensare a nulla ? "
si chiese irrobustendo il fuoco del camino con un grosso ciocco,
secco e scrocchiarello,
che, cominciando a bruciare,
crepitò rubandole un risolino.
Era stata così da bambina
quel che per molti era un difetto,
da limare e tenere sotto controllo,
per lei invece era la qualità più bella che pensava di avere
:
guardare il mondo con gli occhi del sogno,
illuminando scorci e angoli nascosti,
e cogliendo particolari e sfumature che altri non vedevano.
Non avrebbe mai potuto viaggiare molto,
ma questo probabilmente non importava
:
"Il viaggio è nella testa",
aveva detto qualcuno.
E probabilmente questo era vero.
 Ma la sua fantasia volava più veloce del vento,
ed era capace di riempire di colori,
zone oscurate da vicende quotidiane di vita,
sottolineando quei chiaroscuri e trasparenze
che rendevano l'esistenza umana una meravigliosa avventura.
 
Respirò a fondo,
ora l'odore delle bucce di arancio,
lasciate essiccare e poi gettate nel camino,
aveva riempito il piccolo locale.

Si avvicinò alla finestra
:
fuori, nella neve,
gli alberi imbiancati sembravano risplendere di luce propria,
illuminati dalla luna che ora si era fatta più audace,
facendosi spazio nel cielo.
 
Giù, nel prato,
due minuscole lucine brillavano
:
guardò con attenzione e sorrise.
Camy !
chiamò,
e una grossa palla di pelo miagolante si precipitò attraverso le scale esterne fino alla soffitta.
Rise pensando al nome del gatto
:
la padrona,
un'estroversa ed esuberante siciliana,
aveva pensato bene di chiamare il suo amico a quattro zampe,
"Camurrìa", diminutivo "Camy".
Sono i particolari che rendono gustosa la vita,
pensò Julia stiracchiandosi.
Poi,
si avvicinò alla sua scrivania
posta di fronte alla finestra della soffitta.

Adorava scrivere,
era il suo modo per respirare l'essenza del mondo,
riflettendo,
metabolizzando esperienze e sensazioni.
Facendo proprie emozioni non solo sue,
ma anche degli altri,
percepite attraverso la grande empatia che aveva avuto in dono insieme a quel fisico troppo glabro,
che la faceva sentire sempre indifesa,
e la portava a rannicchiarsi in se stessa.
Aveva deciso di seguire la sua grande passione,
e così si era messa a scrivere per un giornale locale.
Nulla di importante,
certo,
però poco a poco i suoi racconti si erano conquistati un discreto pubblico,
e soprattutto,
lei si era meritata la fiducia del caporedattore del periodico,
che la trattava con condiscendenza,
e le aveva insegnato l'importanza delle parole,
e il valore, a volte,
dei silenzi.
 
Scrivendo manifestava se stessa,
e arrivava giù,
in fondo al suo cuore,
fino all'anima.
Per poterla liberare e farla librare in alto nel cielo.
Quel cielo meraviglioso che aveva imparato ad amare,
cogliendone la magia della dimensione ai confini tra essere e realizzarsi,
un "non luogo",
in cui non aveva importanza chi si era stati,
o cosa si era fatto,
ciò che contava era non smettere mai di volgersi alla vita con occhi di meraviglia,
facendo emergere in sé e negli altri quei frammenti di luce che erano costitutivi della migliore umanità,
e così facendo, ritrovare se stessi.

Per questo,
aveva sistemato la scrivania di fronte all'unica, grande finestra della soffitta
:
per poter sempre ammirare il suo angolo di cielo.
 
Aprì il cassetto,
tirò fuori il tablet,
e digitò :
"La soffitta di Camilla"
Poi,
fece partire la sua playlist musicale preferita,
e cominciò a scrivere
:

"Era una notte di primavera,
fuori il primo venticello tiepido accarezzava lieve le fronde degli alberi,
mentre i fiori dei campi sembravano danzare,
rinchiudendo i loro fragili boccioli a mò di protezione.
Mia madre,
seduta sulla sedia a dondolo della nonna,
si cullava accarezzandosi tenera il pancione
:
questa bambina la preoccupava,
non faceva altro che scalciare inquieta,
come se non trovasse pace.
Sbocconcellò un pezzo di cioccolata,
si accarezzò di nuovo il pancione,
e,
socchiudendo gli occhi,
 disse dolcemente tra sé e sé
:
"Dormi ora Valeria,
domani sarà un giorno lungo,
dobbiamo prendere un aereo."
E si addormentò,
cullata dai grilli della campagna circostante."
 
....segue
 
Grazie a chi vorrà seguirmi in questo nuovo cammino,
grazie a chi mi ispira ogni giorno,
e a chi,
senza nulla chiedere in cambio,
tende la mano all'altro,
e senza saperlo,
a volte,
gli salva la vita.
19/01/2015
Valeria :)
*

"La luna tramonta 1/3"
Foto di
Luca Parmitano,
Pubblicata il 26/06/2013,
from International Space Station
Credits : Esa/Nasa
In
:
https://www.facebook.com/AstronautLucaParmitano/photos/a.166521253521776.1073741834.150393218467913/172265362947365/?type=1&permPage=1